L'idea iniziale è tanto bella quanto intrigante, nella più pura vena cronenberghiana: GraveTech, un sudario funerario collegato che viene fatto scivolare sui corpi dei defunti nella tomba stessa, consentendo a chi resta di osservare su uno schermo la lenta decomposizione delle carni dei propri cari. È un'invenzione rivoluzionaria sognata da Karsh(Vincent Cassel), un cinquantenne inconsolabile dalla morte della moglie(Diane Kruger).
La storia è in realtà quella dello stesso David Cronenberg, che spiega di non essersi mai ripreso dalla morte della moglie, scomparsa nel 2017. The Shrouds è sicuramente un grande film sul dolore, ma non è certo il più accessibile del regista canadese: la sua regia è così arida che tende a lasciarci perplessi. Ci sembra di assistere per due ore a un interminabile funerale.
Per interpretare questo doppio in lutto, Cronenberg ha chiamato Vincent Cassel(Les Promesses de l'Ombre, A Dangerous Method), una vera e propria copia carbone sullo schermo - capelli ingrigiti pettinati all'indietro, statura stentata e modo di muoversi. Se la storia è indubbiamente personale, sembra che il regista non abbia voluto spalancare troppo le porte del suo personaggio; ladurezza dei sentimenti (non) espressi e i dialoghi che girano a vuoto rendono impossibile qualsiasi possibilità di analogia.
Il film perde ancora più interesse quando si trasforma in un thriller. Un'indagine acefala che segue il saccheggio del cimitero, in cui vengono accusati a turno gli ecologisti islandesi e poi i cinesi, e la cui risoluzione viene pigramente buttata giù in un sol colpo, oralmente, da Maury (Guy Pearce), cognato di Karsh. Un guazzabuglio narrativo e una mancanza di anima che ci ha lasciato freddi.
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