Il true crime è più che mai di moda. Su Netflix, nelle tante serie di fiction e documentari sulla vita e l'opera di eroici serial killer, ma anche su Youtube con i canali dedicati al genere che ormai sono legione sulla piattaforma. Ma se non conoscete la leggenda metropolitana delle stanze rosse , non siete scesi abbastanza nelle profondità di Internet.
Con questo mito 2.0 e il fascino prevalente del morboso come sfondo, Pascal Plante presenta il suo terzo lungometraggio, Les Chambres Rouges, in uscita nelle sale il 17 gennaio 2024.
Due giovani donne, Kelly-Anne(Juliette Gariépy) e Clémentine(Laurie Babin), si svegliano ogni mattina alle porte del Palazzo di Giustizia per assistere al processo di alto profilo di un serial killer da cui sono ossessionate, Ludovic Chevalier(Maxwell McCabe Lokos). L'assassino ha filmato la morte delle sue tre giovani vittime, tutte appena adolescenti, prima di pubblicare gli snuff movie sul dark web, dove vengono messi all'asta nelle famigerate sale rosse.
Immediatamente si pensa allo scalpore suscitato dalla pubblicazione del filmato dell'omicidio di Jun Lin da parte di Luka Rocco Magnotta, postato online dal killer canadese il giorno dell'assassinio della giovane studentessa cinese e visualizzato più di 10 milioni di volte in 24 ore nel 2012. Ma anche a quelle donne che sono affascinate dai serial killer; una parafilia che ha un nome: ibristofilia.
In Les Chambres Rouges, Pascal Plante cerca di individuare la natura profonda di questi ammiratori del male. Cosa può dire questa malsana esaltazione della natura umana, abituata fino all'indifferenza a queste immagini sempre più violente e accessibili?
I film processuali sono decisamente in voga quest'anno(Le Procès Goldman, Anatomie d'une Chute), ma Les Chambres Rouges si apre in una sterile aula di tribunale bianca dove sfilano esperti e avvocati pedagogisti, ripresi in sequenza mentre perorano la loro causa. Per sfortuna delle due groupie, il processo si svolge a porte chiuse, lasciando alla nostra immaginazione le prove video dell'abuso dall'altra parte dell'aula.
La forza del film risiede in questa frustrazione, condivisa o meno, con l'uso massiccio di suoni e visioni fuori campo, lasciando l'accusato stanco nel suo cubicolo vetrato, lontano dalla nostra vista. Il film si distacca completamente dal punto di vista dell'assassino - che ci saremmo aspettati essere il protagonista - ed è la complessa psicologia di Kelly-Anne e il suo punto di vista femminile che Pascal Plante si propone di ritrarre.
Autentico thriller ansiogeno che ci immerge nel limbo della criminalità informatica portata alla ribalta giudiziaria, The Red Rooms evita l'aspetto appiccicoso dei film di questo genere e opta per movimenti di macchina minimalisti, privilegiando inquadrature statiche e sequenze eteree. Ma man mano che le condizioni di Kelly-Anne (fino a quel momento sotto controllo) si aggravano, la macchina da presa del regista diventa più febbrile, il montaggio e la colonna sonora si intensificano, e il disagio già pervasivo diventa insopportabile.
Fino al culmine, l'inquadratura in sequenza di Kelly-Anne che si trasforma davanti ai nostri occhi, cristallizza questa escalation di paranoia e follia. Una scena al rallentatore di terrore inimmaginabile. Les Chambres Rouges non vi lascerà di certo indifferenti.
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